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LE TRACCE DELLA PROVINCIA DI PAVIA NEI CODICI LEONARDESCHI. LEONARDO NEL TERRITORIO: I LUOGHI, GLI STUDI, LE MACCHINE a cura di Luisella Cerri
A Vigevano, percorrendo i portici della Piazza ducale, ho sempre ammirato gli affreschi e l'interesse per la storia e l'arte della città andò via via aumentando durante il periodo di pratica come guida turistica presso uno studio di promozione e accoglienza turistica.In quei mesi di lavoro presso lo studio, Luca mi svelò il suo sogno di creare a Vigevano un'iniziativa legata al personaggio di Leonardo da Vinci  che 500 anni fa era arrivato in quelle terre per volere di Ludovico il Moro Sforza. Forse a cavallo o con un piccolo carro trainato da un mulo per trasportare gli effetti personali,i taccuini su cui annotare qualsiasi cosa attirasse la sua attenzione, Leonardo arrivò alla Sforzesca, territorio alle porte di Vigevano che deve il suo nome agli Sforza,quali benefattori di una terra tanto arida, come recita una scritta latina dell'umanista Ermolao Barbaro e resa fertile da bonifiche e canali d'acqua per l'irrigazione dei campi coltivati.La scoperta del territorio, la centrale idroelettrica,i canali e le rogge, gli antichi mulini, la storia del sistema idraulico per l'irrigazione, la coltivazione del riso e i codici di Leonardo, tutto questo diventava materiale interessante per una presentazione didattico-turistica.    
Immergersi nei codici di Leonardo da Vinci è come riaprire un antico calendario e ritrovare in esso una spiegazione ai nostri giorni.
Leonardo, simbolo di cultura nel mondo, è il personaggio che permette di dare al territorio nazionale ed internazionale un impulso di incredibile valore nell'ambito scientifico ed artistico, per un intramontabile confronto tra passato e presente.
Con l’analisi dei suoi studi e dei suoi progetti si scopre quanto essi siano attuali, tanto da ridurre le distanze che separano le due epoche in termini di secoli.
Leonardo è 
-prendere coscienza della cultura della nostra terra
-capacità di osservare, di elaborare un’idea, di comunicarla come?
-attraverso il disegno, la pittura, la progettazione.
-attraverso aforismi, frasi ironiche, filosofiche,…
-ricerca dell’unità comune ai diversi elementi naturali.
-saper cogliere l’istante in ogni processo vitale, in ogni ingranaggio, in ogni manifestazione naturale.
-partire dalla natura,
-emularla,
-riprodurne i principi nelle macchine.
Presentazione dell'iniziativa. Anno 2002 Vigevano-Piazza ducale
Weekend tra le colonne:Aperitivo con Leonardo e la Dama con l'ermellino, degustando Acquarosa, bevanda preferita dai Turchi durante l'estate per dissetarsi.
“Leonardo nel territorio: i luoghi, gli studi, le macchine”, 
nelle sale dell’Antico Mulino di Mora Bassa a Vigevano.Dimora di caccia di Ludovico il Moro Sforza, regalo di nozze del Duca alla moglie Beatrice d’'Este, nonchè luogo d’incontro con la preferita a corte Cecilia Gallerani, la famosa Dama con l’'ermellino, dipinta da Leonardo, (nido d'amore in L'eredità di Leonardo di Stefan Kleinquesto antico Mulino è oggi proprietà dell’'Associazione Irrigazione Est Sesia, la quale si è occupata del restauro per creare ed istituire un Ecomuseo sulla storia del territorio. “L’'Acqua disegna il paesaggio nella pianura irrigua novarese e lomellina” è il titolo della Mostra permanente che nelle sale del Museo si snoda in un percorso illustrato di 41 tavole, mentre il laboratorio idraulico collocato nel parco è un percorso dimostrativo di canali in scala ridotta con bocche di misurazione per il calcolo della portata d’acqua. Alcune di queste, già in uso nel ‘400, si ritrovano anche negli scritti di Leonardo, nel MS H2 foglio 35 verso(bocca magistrale milanese) e nel MS A, foglio 58 recto (bocca a battente rigurgitato e bocca triangolare Thomson). L’importanza e la singolarità dei luoghi e della sede sono la testimonianza delle grandi trasformazioni e delle iniziative che riguardavano il territorio negli anni 90 del'400,quando esperti ingegneri idraulici e tecnici quali Giuliano Guasconi e Guglielmo da Camino venivano incaricati dalla corte sforzesca di importanti lavori.Gli scritti di Leonardo ci rivelano la sua presenza nel 1494 a Vigevano,quindi la consultazione e la ricerca negli scritti di Leonardo sono fondamentali per evidenziare le annotazioni e le date, riferite a determinati luoghi e cose, con la possibilità di delineare un itinerario che colleghi località e realtà attraverso le tracce di Leonardo.L'’importante collaborazione del Professor Marco Cianchi dell’'Accademia delle Belle Arti di Firenze e  del Professor Fernando Torres Leza dell’'Università di Saragozza in Spagna, due super visori delle ricerche e delle iniziative, la visita a Vigevano del Direttore del Castello di Amboise hanno dato grande impulso all'iniziativa .
IL PALCOSCENICO DI LEONARDO DA VINCI: IL MONDO
“Che ti move, o omo, ad abbandonare le proprie tue abitazioni della città, e lasciare  li parenti e amici, ed andare in lochi campestri per monti e valli, se non la naturale bellezza del mondo?”
                                                                                                                 Leonardo da Vinci
Leonardo, uomo inconsapevole come ogni essere umano della sua memoria futura, ma certo del destino del mondo: nel suo eterno evolversi, il mondo avrebbe ospitato quel progresso tecnologico che lui stesso aveva abbozzato su migliaia di fogli, quasi fosse quella la missione della sua vita terrena, piena di tristezza e di insoddisfazione e che ha trovato giustificazione nell'indagine scientifica. 
Un grande diario di bordo che Leonardo scrive durante il suo viaggio oltre i confini della scienza di allora per raccontare, descrivere e ipotizzare 
Il viaggio di Leonardo nelle più ricche città italiane del tempo, il viaggio nei sentieri della vita e il viaggio alla conoscenza delle origini del mondo.
“L’'acquisto di qualunque cognitione è sempre utile allo intelletto, perché potrà scacciare da sé le cose inutili  e riserbare le buone, perché nessuna cosa si può amare né odiare se prima non si ha cognitio di quella”.
“Perché l’'occhio è finestra dell’'anima, ella è sempre con timore di perderlo, in modo tale che essendoli mossa una cosa dinanzi che dia subito spavento all’'omo, quello con le mani non soccorre il core, fonte della vita…”.
“La Pittura è una Poesia muta, e la Poesia è una Pittura cieca”.
“La Musica non è da esser chiamata altro che la sorella della Pittura”.
“Adunque rettamente chiameremo la Pittura nipote di essa natura e parente di Dio”.
“Studia prima la scienza, e poi seguita la pratica nata da essa scienza. Sempre la pratica debbe esse edificata sopra la bona teorica”.
                                                                                                                                                                                           Leonardo da Vinci
          
Queste frasi, scritte da Leonardo, sono dettate da un intelletto perspicace e da un attenta capacità di osservazione, per cui trova giustificazione l’'importanza da lui attribuita allo studio scientifico per formare una solida base del sapere. La conoscenza della natura permette all'artista di rendere le proprie opere del più alto valore così come la rappresentazione di una poesia senza la lettura delle parole.
E proprio grazie a questo connubio tra arte e scienza nascono i più bei capolavori di Leonardo che segnano nella Pittura un percorso completamente moderno non solo nella tecnica dello sfumato, nella rappresentazione pittorica ma anche nello studio della prospettiva.
A questo proposito è bene parlare di una grande opera di Leonardo “L’'Adorazione dei Magi”, conservata presso gli Uffizi di Firenze, che, oltre a segnare la prima maturità dell’artista e renderlo uno dei maggiori maestri del Quattrocento toscano, coincide con un radicale cambiamento nella sua vita, vale a dire il suo trasferimento da Firenze a Milano. La descrizione di quest’opera , anche se è rimasta incompleta, sembra il miglior biglietto da visita, per presentare alla grande Corte degli Sforza, a Milano, Leonardo da Vinci in qualità di artista-scienziato.
Una vera opera d’arte oltre che documento storico per la Pittura.
L’'Adorazione dei Magi
(1481-1482)
Olio su tavola, 246x243 cm
Firenze, Palazzo degli Uffizi
Il disegno preparatorio 
Parigi, Louvre
Commissionata a Leonardo nel 1481 dai Monaci di San Donato a Scopeto, segna un primo traguardo importante nella sua attività artistica. Si coglie in quest’opera un rinnovamento dei canoni figurativi della scena sacra, tanto che Leonardo si pone come artista moderno nel quadro della pittura fiorentina.
Modernità dell’Adorazione dei Magi: complessa, dinamica articolazione della scena. Infatti tutte le figure, tranne la Vergine con il figlio e le due figure in piedi, sono in movimento e ruotano con i loro gesti appunto attorno alla Vergine centrale. Coma disse Vasari: “non v’è punto fermo” nella rappresentazione.
In quest'opera troviamo vibrazione, movimento ed anche un grande effetto cromatico. Si potrebbe considerare quest’opera come una rappresentazione sacra anticipatrice della grande opera milanese di quindici anni dopo, il Cenacolo.
La gestualità, le espressioni dei volti dei personaggi sono la conseguenza di impulsi interiori, ossia “i moti dell’animo”.
Il momento ispiratore per Leonardo è quello in cui i Magi ed i loro adepti si dispongono e si atteggiano a scrutare l’arrivo della Cometa che li condurrà alla stalla dove è nato il Cristo. Infatti non è casuale che molti indicano o rivolgono lo sguardo al cielo. Leonardo dipinge un momento di storia, un evento che accade  realmente dinanzi a noi, come sarà nel Cenacolo più tardi in cui il momento ispiratore è preso dal Vangelo, quando Gesù dice: “Qualcuno di voi mi tradirà”.
La rappresentazione di una grande abside che raccoglie al centro la Vergine e intorno a lei le figure marcate da pennellate nerastre segue i canoni della prospettiva.
Nello stesso dipinto Leonardo ha rappresentato due momenti l’uno anteriore all’'altro: il Chiaroscuro che delinea l’abside, lo sfondo reso tale da sembrare allontanarsi nel tempo e nello spazio, lasciando in primo piano l’episodio successivo, quello dei Magi in attesa della Cometa.Il dipinto non finito è caratterizzato da pennellate intrise di bistro, di marrone rossastro, di nero e il gioco dei volumi che emergono illuminati dalle profonde zone d’ombra.
Si ha inoltre la sensazione di essere di fronte ad un altorilievo, grazie al gioco cromatico di alcune velature di colore e vernici. ( le figure dipinte a sinistra della rappresentazione). Di proposito Leonardo deve aver velato e in parte nascosto abbozzi, disegni, con l'utilizzo di questi colori.
Leonardo subisce l'influenza classica avvicinandosi alla cerchia dei Medici, nella quale la conoscenza della classicità ha una parte preponderante; il messaggio leonardesco si arricchisce di queste sfumature.
La tecnica ad olio per dare realismo è introdotta e delineata da Leonardo ne “Il trattato della Pittura”, il volume concluso dal discepolo Melzi, dopo la morte di Leonardo. La tecnica ad olio permette di realizzare sfumature e gradazione del colore e quindi di dare una rappresentazione della realtà tridimensionale molto meglio della tecnica a tempera.
La prospettiva leonardesca non ha basi geometriche, ma si tratta di una prospettiva aerea, grazie all’atmosfera creata dai colori.
Gli oggetti lontani vengono immersi da Leonardo in una luce più azzurra e questo diventa l’'artificio usato nei quadri per rendere la distanza.
Il disegno preparatorio sull’Adorazione dei Magi, conservato al Louvre, presenta figure nude ancora da ultimare.
La realizzazione di questa tavola richiede un grande impegno da parte di Leonardo, trattandosi di un soggetto a carattere sacro, perciò numerosi sono i disegni preparatori per meglio rappresentare il movimento e le passioni di uomini e animali, intorno alla Sacra Famiglia.
(A proposito del tema sacro nelle opere di Leonardo, Leonardo teologo di Rodolfo Papa)
Arrivato a Milano nel 1482, Leonardo entra nella grande corte ducale dalla quale trae benefici e opportunità di crescere intellettualmente e di accrescere la sua cultura, grazie all'amicizia con grandi personaggi dell’epoca, quali Girolamo Cardano per gli studi scientifici e di anatomia e Frate Luca Pacioli per gli studi di geometria e di matematica.  
Sintesi tra Arte e Scienza in Leonardo.
Il collegamento tra l’arte e la scienza raggiunge il culmine nel Rinascimento con Leonardo da Vinci, declinando poi nei secoli a venire, poiché gli studiosi cercano di dare maggiore importanza agli approfondimenti scientifici, piuttosto che alle rappresentazioni grafiche della parte anatomica.
L’interesse di Leonardo per la natura traspare in ogni suo dipinto, nei disegni e negli schizzi. La sua formazione di artista lo porta ad avere un interesse molto spiccato per l’anatomia, infatti molti sono i disegni che ritraggono il corpo umano o animale, in modo assolutamente preciso e fedele al vero.
L’importanza che Leonardo dà allo studio anatomico, ricorrendo addirittura alla dissezione dei corpi, non corrisponde però ad una adeguata raccolta dei fogli da lui prodotti, rilegati e pubblicati in un libro. Questa mancanza lo ha discriminato rispetto ad altri studiosi, scienziati dell’epoca, come il fiammingo Andrea Vesalio che, contrariamente a Leonardo, non produce disegni anatomici di pari bellezza, ma capisce il potere del libro stampato. Quindi, si occupa egli stesso della rilegatura, segue la pubblicazione e lascia perciò un testo che potrà essere consultato.
Leonardo, a Pavia, fa conoscenza con Fazio Cardano, avvocato e matematico, insegnante all’Università della stessa città e il quale offre il suo aiuto per comprendere antichi testi di medicina e scienza.
Il figlio di Fazio, Girolamo Cardano,medico , matematico e astrologo di fama internazionale, verso la metà del Cinquecento, riconosce a Leonardo la bravura nell’arte di dipingere e di disegnare, ma non lo annovera tra gli scienziati del Rinascimento, in quanto sostiene che egli ha trascurato, durante i suoi studi, la parte scientifica, limitandosi a fare descrizioni e paragoni tra parti del corpo e quanto esiste in natura.
Leonardo è considerato dallo stesso professor Mainardi, ordinario di Ecologia Comportamentale nell’Università Ca’Foscari di Venezia, scopritore dell’Anatomia comparata. Infatti lo studio di particolari anatomici degli animali è funzionale anche alla comprensione dell’anatomia umana. 
Molti sono gli schizzi che Leonardo fa, paragonando ad esempio le articolazioni della mano o del piede dell’uomo con quelli delle scimmie, proprio come fa la scienza che studia la struttura delle varie specie animali per individuarne le somiglianze e le fasi evolutive.  
Madonna col Bambino, San Giovannino e un angelo
(La Vergine delle rocce)
(1483-1489 circa)
Olio su tavola, cm 199x122
Parigi, Louvre  
Il primo lavoro pittorico, fatto a Milano, è di carattere religioso, intitolato La Vergine delle rocce, commissionato intorno al 1483 dalla Compagnia della Concezione per la loro cappella nella chiesa di San Francesco grande e terminato tra il 1486 e il 1489.
Tutti i personaggi di questo dipinto sembrano in posa per essere fotografati e ognuno di loro sembra voler dire qualcosa. La bravura di Leonardo sta nell’aver colto un istante dei loro movimenti ed aver rappresentato i personaggi come in un istantanea.   
Il Musico
(1485 circa)
Olio su tavola, cm 43x31
 Il successivo incarico è il ritratto di un personaggio che Leonardo incontra alla  corte del Moro e che è da alcuni identificato come il celebre maestro di cappella del Duomo, Franchino Gaffurio, da altri come il compositore fiammingo, Josquin des Prés, presente nel Duomo fino al 1484. Il ritratto è ricordato col nome di Musico, poiché questo giovane, affascinante e dai lineamenti molto fini, tiene tra le mani una pergamena di un testo musicale, dal titolo Illibata Dei Virgo nutrix.
La Dama con l’ermellino
(1489-1490 )
Olio su tavola, cm 54,8x 40,3
Cracovia, Museo Czartoryski
Arriva nel 1489 l’incarico di dipingere un quadro che ritragga Cecilia Gallerani, bella e giovane dama, favorita a corte da Ludovico il Moro, ancor prima delle nozze tra il duca e  Beatrice d’Este. 
Cecilia, nata nel 1473 da Fazio Gallerani e Margherita de’ Busti, appartiene ad una famiglia forse di origini non nobili, ma con un alto tenore di vita, essendo il padre notabile alla corte sforzersca.
Cecilia è ospitata nel castello di Milano negli appartamenti vicini alla Rocchetta e nell’estate del 1489 abita nella Rocca del castello ed è ufficialmente la favorita del Moro. 
Oltre ad essere colta, Cecilia è una figura molto elegante ed ama seguire lo stile spagnolo nell’abbigliamento.
Per natura di gusti senz’altro raffinati e, per la giovane età, semplice negli ornamenti, Cecilia, vivendo alla corte, modificherà e arricchirà il suo guardaroba ed i suoi gioielli, abbandonandosi così allo sfarzo e all’ostentazione di numerosi abiti. 
Modernità della Dama con l’ermellino
E’ il primo ritratto moderno nel quale Leonardo unisce la ritrattistica all’allegoria, caricando di simboli il quadro della giovane dama.
Nel foglio 816, recto del Cod. Atlantico vi è un testo di una lettera scritta di destra mano presumibilmente da Leonardo a Cecilia Gallerani
Ma che posso io fare, essendo tanto la nobilità de tutti e luoghi, tanta l'eccellentia de le cose de’ popoli? Sola Roma  in che modo potrà essere narrata? In che modo el paese di Campania tanto fertile e dilectevole di sua natura in forma che manifesto è in un luogho esser l’'opera dell’'alegreza della Natura?
S Amantissima mia Diva, lecta la tua suavissima
Magnifica Cecilia
Il tema caro alla cultura rinascimentale è il confronto tra arte e natura che Leonardo ribadisce e riassume con una frase esplicita: “Lo ingegno del pittore vole essere a similitudine dello specchio” e che il poeta Bernardo Bellincioni esprime nel sonetto dedicato al ritratto di Cecilia:
Di che t’adiri? A chi invidia hai, Natura?
Al Vinci che ha ritratto una tua stella;
Cecilia si bellissima oggi è quella
Che a’ suoi begli occhi, il sol par ombra scura.
L’onor è tuo, se ben con sua pittura
La fa che par che ascolti, e non favella. 
Pensa, quanto sarà più viva e bella 
Più a te fia gioia in ogni età futura.
Ringratiar dunque Ludovico or puoi
Et l’ingegno e la man di Leonardo, 
che a’ posteri di lei voglion far parte.
Chi lei vedrà così, benché sia tardo
Vederla viva, dirà: basti a noi 
Comprender or quel che è natura et arte.
Il Bellincioni si rivolge alla Natura, sottolineando quale onore è per lei avere la bellezza di Cecilia, ora grazie alla mano di Leonardo resa viva e bella a pari merito nell’arte.
Il poeta interpreta artisticamente il dipinto e il momento in cui Leonardo la immortala in quel atteggiamento dinamico del volgere il volto al richiamo di una voce conosciuta e scrive nella seconda quartina: …La fa che par che ascolti, e non favella…    
Costume ed eleganza alla corte milanese
Le fonti che ci descrivono i costumi della Festa del Paradiso, progettata da Leonardo ci parlano di Ludovico vestito" de veluto fodrato di gibelini con una capa de panno negro fodrata tuta de brocato de horo et cosi' el capino" e di Isabella che indossava" un mantello di seta bianca sopra la zuba di broccato d'oro con ornamenti variopinti alla maniera della corte spagnola da cui proveniva. Era adorna di gioielli e di perle appariva cosi' bella et pulita che pare un sole."
L’IMPORTANZA DEL CODICE FORSTER III 
Gli argomenti vari, che si possono rilevare, riguardano favole, ricette, sentenze morali, maschere, anche disegni per il monumento allo Sforza e altri di carattere architettonico con la pianta del duomo di Milano e studi urbanistici per la stessa citta'. Insomma tutti argomenti da riferire all'attivita' presso la corte di Ludovico il Moro dove Leonardo era apprezzato non solo come artista, ma anche come ingegnere ed urbanista.
Alcuni temi rimandano proprio all'attivita' a corte, tanto da poter definire il codice il più mondano dei tre: preparazione di costumi, idee per le feste, appunti per favole e annotazioni relative alla vita privata di Leonardo.
Sono un riferimento a tutto questo i fogli 8v, 9r e 9v che danno l'idea di appunti visivi presi dal vero.
Dopo questa introduzione artistica del personaggio di Leonardo è bene dire come realmente il nostro personaggio si sia presentato a Ludovico Sforza. 
Presso la corte di Milano, Leonardo giunge come ambasciatore culturale, inviato da Lorenzo il Magnifico, e porta in dono al Duca milanese un strumento musicale, una lira in argento dalla strana forma di teschio di ariete e che lui stesso sapeva suonare divinamente secondo i riferimenti del Vasari.    
Inoltre Leonardo consegna al Moro un documento che ricordiamo come “Lettera a Ludovico il Moro”  nella quale Leonardo ha la destrezza di elencare ogni sorta di capacità da esplicare nelle diverse circostanze.
Il testo della
LETTERA A LUDOVICO IL MORO
[Cod. Atlantico, f. 1082 r. (391 r-a)]
Havendo, Signor mio Illustrissimo, visto et considerando horamai a suffucientia le prove di tutti quelli che si reputano maestri et compositori di instrumenti bellici, et che le inventioni et operatione di dicti instrumenti non sono alieni dal comune uso, mi exforzerò, non derogando a nessuno, farmi ad intender da Vostra Excellentia, aprendo i secreti miei, et appresso offrendoli ad omni suo piacimento in tempi opportuni operare cum, effetto circa tuute quelle cose che sub brevità in parte saranno qui di sotto notate (et anchora in molte più secondo le occurrentie de diversi casi etcetera):
1.  Ho modi de ponti leggerissimi et fori et acti ad portare facilissamente, et cum quelli da seguire , et  alcuna volta ( secondo le occurientie) fuggire li inimici, et altri securi et inoffensibili da foco et battaglia, facili et comodi da levare et ponere; et modi de arder et disfare quelli de l' inimico.
2. So in la obsidione de una terra toglier via l'acqua de' fossi, et fare infiniti ponti, ghatti et scale et altri instrumenti pertinenti ad dicta expeditione.
3. Item, se per altezza de argine o per fortezza de loco et di sito, non si potesse in la obsidione de una terra usare l'officio de le bombarde, o modi di ruinare omni ( forte ) rocca o altra fortezza, se già non fusse fondata in su el sasso, etcetera.
4. Ho anchora modi de bombarde commodissimi et facile da portare et cum quelle buttare minuti ( saxi a similitudine quasi ) di tempesta, et cum el fumo di quella dando grande spavento a l'inimico, cum grave suo danno et confusione, etcetera.
5. Et quando accadesse essere in mare, o modi de molti instrumenti actissimi da offender et defender, et navili che faranno resistentia al trarre de omni g<r>ossissima bambarda et polver et fumi. 
6. Item, ho modi, per cave et vie secrete et distorte, facte senza alcuno strepito per venire ad uno ( certo ) et disegnato <lo>co, anchora che bisognasse passare sotto fossi o alcuno fiume.
7. Item, farò carri coperti, securi inoffensibili, e quali intrando intra li inimica cum sue artiglierie, non è si ( grossa ) grande multitudine di gente d'arme che non rompessino, et dietro a questi poteranno sequire fanteria assai, inlesi et senza alchuno impedimento.
8. Item, occurrendo il bisogno, farò bombarde, mortari et passavolanti di bellissime et utile forme, fora del comune uso.
9. Dove mancassi la operatione de le bombarde, componerò briccole, manghani, trabuchi et altri instrumenti di mirabile efficacia, et fora de l'usato, et insomma , secondo la varietà de' casi, componerò varie et infinite cose da offender et di <fender>.
10. In tempo di pace credo satisfare benissimo ad paragone de omni altro in architettura, in compositione di aedificii et pubblici et privati et in conducer aqua da uno loco ad uno altro ( acto ad offender et difender ). 
Item, conducerò in sculptura di marmore, di bronzo et di terra similer in pictura, ciò che si possa fare ad paragone de omni altro et sia chi vole. Anchora si poterà dare opera al cavallo di bronzo che sarà gloria immortale et aeterno honore de la felice memoria del Signor Vostro padre et de la incljta casa Sforzesca. Et se alchuna de le sopradicte cose alcuno paressino impossibile et infactibile, me offero paratissimo ad farne experimento in el parco vostro o in qual loco piacerà a Vostra Excellentia, ad la quale humilmente quanto più posso mi recomando, etcetera.
Un curriculum che chiunque di noi vorrebbe avere o comunque vorrebbe saper scrivere con la stessa sicurezza di Leonardo.
La presentazione è più che dignitosa e Leonardo, pur non essendo un intellettuale, si avvale del suo modo di esprimersi attraverso frasi metaforiche, aforismi, raccontando novelle, divertendo e sorprendendo coloro che lo stanno ad ascoltare. In breve tempo affascina l’intera corte, diventando la persona a cui chiedere suggerimenti, consigli, amicizia  e il confidente di Cecilia Gallerani, la preferita di Ludivico il Moro.  
Cecilia Gallerani ed il suo ritratto di Dama con ermellino ci riconduce presto presto al Mulino di Ludovico il Moro situato sulla roggia Mora e nel quale i due amanti si incontravano.
Ora rivive il ricordo di quei due che tanto hanno fatto parlare di sé e della loro unione, con la mostra  nelle sale dell’'antico mulino: “Leonardo nel territorio: i luoghi, gli studi, le macchine”.
L’acqua che tocchi de’ fiumi, è l’'ultima di quella che andò
e la prima di quella che viene. Così il tempo presente.
Leonardo, Cod. Trivulziano, f.37
I modelli di macchine leonardesche  
La ricchezza e la varietà di studi, raccolti nel Codice Atlantico, la straordinaria precisione grafica del Codice Madrid 8937, considerato un importante trattato di meccanica, rivelano la sorprendente capacità di Leonardo nell’individuare meccanismi e ingranaggi i cui elementi base, da lui definiti “elementi machinali”, si ritrovano nell’'attuale ingegneria meccanica.
La vite senza fine, la ruota dentata, la carrucola, il pignone, la catena sono quegli elementi con i quali Leonardo elabora congegni funzionanti in grado di trasferire e trasformare il movimento.
Grazie all’'abilità nell’'analizzare la macchina e la conseguente scomposizione in più parti, Leonardo produce disegni tecnici assolutamente moderni, a volte osserva ciò che famosi ingegneri del Rinascimento hanno pensato e proposto come soluzione, prendendone spunto, e a volte contesta chiaramente l’utilizzo di macchinari, azionati impropriamente con la forza muscolare  di uomini o animali.
I luoghi
E'’ fondamentale creare una rete di luoghi tutte le località in cui Leonardo è stato, ha vissuto, oppure che ha descritto nei suoi codici; luoghi visitabili dove poter riscoprire le tracce di un grande genio.   
Le tracce di Leonardo a Vigevano
Leonardo da Vinci, ormai alla Corte Sforzesca da alcuni anni, viene inviato da Ludovico il Moro a Vigevano, per effettuare un rilevamento territoriale, al fine di introdurre nuove tecniche agricole, e seguire, successivamente, i lavori di canalizzazione e di bonifica. Leonardo accoglie con entusiasmo e con interesse questo incarico, che va oltre il senso di responsabilità del lavoro da svolgere, e diventa una vera e propria indagine scientifica, come testimoniano i suoi scritti.
Un’intelligente curiosità e un grande spirito di osservazione lo inducono spesso a soffermarsi a lungo nei luoghi dove è la natura a coinvolgerlo in annotazioni e disegni, ma a volte è anche il lavoro che gli uomini praticano nelle campagne o in prossimità del fiume.
L’IMPORTANZA DEL MANOSCRITTO H
(H1,H2,H3)
È soprattutto nel Ms. H che il nome di Vigevano compare con maggiore frequenza. Anche in questa città Leonardo è impegnato forse come artista,architetto e ingegnere. A questo proposito sono le note da lui scritte, accennando alla pittura di “24 storie romane” forse alla villa Sforzesca o a Vigevano? e all'acquisto di colori azzurro e oro, abbozzando un preventivo per lo scavo di un canale e progettando un padiglione smontabile. Un altro preventivo, più impegnativo riguarda lo scavo di un canale lungo trenta miglia, che potrebbe essere il Naviglio della Martesana.
Il manoscritto H contiene anche una grande quantità di schizzi, 
disegni di manufatti idraulici, ideali per la regolazione della velocità dell’acqua. Il territorio di Vigevano ne è ricco e Leonardo si sofferma a studiarne le funzioni e suggerendo anche qualche miglioria. 
I manufatti idraulici nei codici leonardeschi
Fin dal XII secolo, nel territorio della Sforzesca, fu iniziata l’opera di bonifica da parte dei Monaci Benedettini Cistercensi e fu creata la pratica di coltivazione a marcita, grazie alla presenza di risorgive con le quali sono stati realizzati i fontanili, per garantire un’abbondante portata d’acqua a temperatura costante a campi coltivati. Per migliorare la canalizzazione dell’acqua,si ipotizza la collaborazione di Leonardo con altri esperti ingegneri idraulici, in quella zona ricca di dislivelli per cui difficile da irrigare. Leonardo lascia disegni di particolari manufatti e di incastri resistenti, importanti per far arrivare l’acqua nei punti alti di questa zona, convogliandola nella direzione opposta al suo normale corso.
<<Nessun incastro dee esser più stretto che il suo universal canale, perché l’acqua fa retrosi e rompe l’argine>>
                                       [Leonardo da Vinci, MS.H, 28v].
Nel territorio della Sforzesca è possibile vedere ancora oggi i manufatti, disegnati da Leonardo: il manufatto “tre incastri” che regola l’afflusso dell’acqua della roggia ai campi coltivati, è una struttura ad arco trapezio che risponde perfettamente alle necessità d’acqua del campo adiacente in cui viene praticata la rotazione delle coltivazioni.    
Inoltre esamina i canali e le chiuse e ne perfeziona il funzionamento, e scrive a proposito:
<<Queste porte sono state per me molto istruttive>> [MS.H]  
Osserva e studia i fontanili ( vedi Cod. Atlantico ). 
Inoltre viene incuriosito dalla tecnica per proteggere i vitigni dal freddo, che è quella di interrare le piante e scrive:
<<Vigne di Vigevine a dì 20 di marzo 1494, e ‘lla vernata si sotterrano>>
                                                                                    [MS.H, ff.37v.e38r.] 
Probabilmente assiste a gennaio a questa procedura e a marzo al loro disseppellimento.Contemporaneamente si mette a studiare un mulino e pone mano al progetto di un padiglione mobile in legno da installare nel giardino della Sforzesca, da usare come studiolo mobile.
<<quanto più cade, più balza Adí 2 febbraio 1494 alla Sforzesca ritrassi 25 scalini di 2/3 di braccio l’uno larghi braccia 8
braccia 4-ghiara
La somma profondità dell’'acqua sarà tra la percussione e i bollori d’essa resultanti>>
                                                                                         [MS.H 2, 65v.]
                                                                    
Sono le famose scale in granito che Leonardo ritrae a sanguigna e che si sofferma a studiare, vedendone l’importante utilizzo sia per la regolazione della velocità dell’acqua che da essi scende, sia per l’opera di bonifica. Infatti l’acqua reca in sospensione  una buona quantità di terra che, operando una sorta di drenaggio, può essere convogliata nelle paludi, ancora esistenti, per colmarle e prosciugarle. Inoltre Leonardo arricchisce i disegni dando dettagli di misure e portate. 
Descrizione e misure di un padiglione
<<Padiglion di legni a Vigievine>> [MS.H, f. 78v.]
 <da serrare uno incasstro a vigevine>>
[MS.H, f. 1r.]
A Vigevano Leonardo passa l’inverno dedicandosi a studiare i lavori di ristrutturazione del Colombarone alla Sforzesca. [MS.H,ff.123v.e124] 
Esamina anche il movimento dei Mulini di Vigevano e osserva: 
<<Se una ruota mette in moto una macchina, non ne può mettere in moto due senza impegnare maggior tempo; così la medesima ruota può ben far girare un numero infinito di macchine, ma ci metterà più tempo, e quelle macchine tutte insieme non faranno più lavoro che la prima macchina in un’ ora>>. [MS.H,f.30r]
E ancora:
<< Più la forza si estende di ruota in ruota, di leva in leva, di 
vite in vite e più essa è potente e lenta>>. [MS.H,f.35v.]
<<Mulina da Vigievine.Moggia 5 a bon grano a...umida4 tra dì e notte..>>[MS.H, f. 94 v.]
Leonardo si sofferma a guardare le sabbie e le pietre del Ticino,che, così levigate dalle acque e screziate di tanti colori, mandano riflessi d’oro. Numerosi erano i cercatori d’oro alla fine del Quattrocento e Leonardo annota, guardandoli mentre setacciano la sabbia:
<<Perché il moto fatto dal crivello raduna di sopra e in disparte tutte le più leggiere parti, e’l simile fa la navetta, dove si pesca l’oro in Tesino, mediante il colpo, e ancora la spazzatura delli orefici che si lava?>> [MS.H, f.88v.] 
Inoltre presso le rive del fiume Ticino, ode i rapidi squilli delle acque, ora lieti ora minacciosi, e segna:
<<Il lilio si posò sopra la ripa di Tesino, e la corrente tirò la ripa insieme col lilio>> [MS.H, f.44r.]
L’IMPORTANZA DEL CODICE HAMMER
Lo studio delle scale d’acqua è ripreso e descritto ampiamente nel manoscritto Leicester, poi Codice Hammer, ora Gates. Leonardo illustra il meccanismo per diminuire la velocità dell’acqua e quindi la potenza della sua caduta. Un procedimento, tutt’ora esistente, che Leonardo vede direttamente alla Sforzesca.
<<Adí 2 febbraio 1494 alla Sforzesca ritrassi 25 scalini di 2/3 di braccio l’uno larghi braccia 8…>>[Cod. Hammer, f. 32 r.]
Ancora sul tema dell’acqua e della sua velocità che deve essere regolata, affinchè non distrugga gli argini dei campi.
L’esempio citato da Leonardo è di nuovo quello delle scale dalle quali l’acqua scendeva nei prati della Sforzesca di Vigevano.
<<…Ancora, se la infima parte dell’argine, trasversalmente opposto al corso delle acque, sarà fatta in potenti e larghi gradi, a uso di scale, l’acque che, nell’abbassamento del lor corso, soglion perpendicolarmente cadere dal termine di tale infima sua bassezza, e discalzare i fondamenti d’esse argine, non potran più discender con colpo di troppa valetudine; e lo esempro di ciò fò a me colla scala onde cadea l’acqua de’ pradi della Sforzesca di Vigevine, la qual vi cadea su l’acqua corrente  in 50 braccia d’altezza..>>.
                                                                     [Cod. Hammer, f. 21 r.] 
    
E ancora:
<<… se non in figure di gradi di scale bene incastrate insieme a coda di rondine incatenate e di sopra ponghino forte l’una all’altra…>>.
                                                                      [Cod.Hammer, f. 22r]
Il ponte-canale, presso il Mulino di Mora Alta, è il manufatto che permette il sovrappasso di un canale su di un altro. Esso è formato da tre lastre di granito fissate insieme da un sistema di incastri e, nella parte superiore, da due traversine che con quattro incastri a coda di rondine assicurano la stabilità. Il manufatto “sette incastri” è situato nella zona piana, allo stesso livello del Ticino tra il laghetto di Santa Martretta e il Mulino della Croce. Questo manufatto ha la funzione di raccogliere e ridistribuire l’acqua.
L'’IMPORTANZA DEL MANOSCRITTO B
Nell’'Archivio di Milano è custodita la pianta nitida e particolareggiata degli edifici di Vigevano in seguito ai lavori fatti eseguire da Ludovico Maria Sforza.
“Nobile corridore” appariva già agli occhi di Leonardo la strada coperta del castello di Vigevano; nel Manoscritto B Leonardo traccia disegni forse sulla strada coperta che viene proposta a miglioramento difensivo in uno studio di disposizione interna nella ghirlanda del Castello di Milano.[MS.B,f.36v].
(Ignazio Calvi sull’' “Architettura militare di Leonardo”).
Inoltre, può essere confrontata con il disegno della stalla ideale,detta “Polita stalla”, appartenente al MS.B,f.39r di Leonardo, la terza scuderia voluta da Ludovico il Moro nel Castello di Vigevano nel 1490, incaricando i maestri Giovanni da Mandello e Antonio della Porta di cavare dove ritenessero opportuno  il marmo e ..condurre le colonne necessarie de preda alla fabrica delle stalle nostre principiata ad Milano et ad Vigevano.Sempre nel 1490 scultori della fabbrica del Duomo di Milano, sono inviati a lavorare per un mese a Vigevano per intagliare capitelli e decorare le stalle in costruzione. (fonte Vigevano città dinastica di Renata Codello) 
Il progetto della Piazza ducale con la rampa voluta dal Moro affinché “li gentili omini” accedessero direttamente al Castello senza scendere da cavallo si può confrontare col disegno della Città Ideale tracciato da Leonardo [MS.B,ff.15v.,16r.,36r.,37v.,38r.]. E' consentito un confronto in quanto quella è l'epoca in cui Ludovico vuole elevare il borgo di Vigevano a città dinastica, rendendo la residenza un delizioso soggiorno, come recita la dedica posta sopra l'arco di accesso al cortile del castello.
Motivi ornamentali della Piazza ducale di Vigevano si confrontano in alcuni fogli del Manoscritto H con disegni di affreschi e graffiti 
Tali fogli sono: [MS.H,ff.32,33,35,59,60].(Vedi Solmi in “Leonardo nel castello”). 
Durante i lavori di realizzazione della Piazza ducale, proseguono anche quelli di ampliamento del castello di Vigevano,di cui Cesare Nubilonio scrive nella sua Cronaca:  Fece dunque Ludovico Sforza Duca di Bari gittar a terra molti edifizi del castello vecchio;...E fece accomodareil castello con l'opera del Bramante Urbinate Ingegnere; perchè si dilettava molto abitar in Vigevano, sì per l'aria salubre, come per la caccia..; e perciò lo ridusse alla forma che si vede, opera molto lodata e di grandissima spesa...il castello ha molti alloggiamenti onorevoli  nei quali ha soggiornato la corte di Carlo V imperatore e del Duca di Milano.1)Ha le cantine sotto terra, fatte in volta, in circuito del castello; 2)di sopra esse cantine sono sale medesimamente fatte in volta, quali sono sotto terra sino alle finestre, per abitarvi alla estate; e sopra queste,3) altre sale ariose e onorevoli, quali sono eguali al pavimento del castello. 4)Sopra queste sono parimenti camere magnifiche; sono ancora tinelli per li cortigiani, molto ampli e capaci; tutte queste abitazioni sono dipinte.Vi è un vago giardino con un bello e arioso portico, con molti altri alloggiamenti; quattro cucine grandi, vi è un salone posto in alto, molto lungo e spazioso, nel quale vi è un portico detto la Falconera, perchè ivi dall'alto si facevano volar alla campagna gli falconi e sparavieri....(fonte La città dinastica di Renata Codello)
LEONARDO: IL PROGETTO DELLA CITTA’ IDEALE
                                La città nel Rinascimento
 
Marco Vitruvio Pollione, De Architectura, libro III:
Tutte queste costruzioni devono avere requisiti di solidità, utilità e bellezza. 
Avranno solidità quando le fondamenta, costruite con materiali scelti con cura e senza avarizia, poggeranno profondamente e saldamente sul terreno sottostante; 
utilità quando la distribuzione dello spazio interno di ciascun edificio di qualsiasi genere sarà corretta e pratica all'uso; 
bellezza infine quando l'aspetto dell'opera sarà piacevole per 
l'armoniosa proporzione delle parti che si ottiene con l'avveduto calcolo delle simmetrie.
 
Il problema dell’inquinamento, che si presenta oggi come più di cinquecento anni fa, aveva suscitato grande preoccupazione, poiché la sporcizia, la puzza delle fogne scoperte, l’acqua non sempre potabile, il brulichio di uomini ed animali, le costruzioni fatte senza un ordine architettonico, le vie troppo strette sono gli elementi principali della propagazione di epidemie.È proprio per questo che prende forma una visione dell’'urbanistica  perfetta, ordinata e razionale, ma con un eccesso di immaginazione che porta alla fantasia pura.
Solare, geometrica, la città ideale immaginata dagli urbanisti del Rinascimento è un modello di misura e di equilibrio e ne è l’esempio più famoso la tela che rappresenta la città di Urbino, fatta da un anonimo e conservata nell'omonima città.Leonardo sviluppa invece il progetto di una struttura urbana funzionale,pratica ed efficiente, su più livelli, secondo cui risolvere i problemi urbani di trasporto, di aumento demografico e di scarsa igiene.
La città immaginata e disegnata da Leonardo prevede:
-la struttura della città su due livelli, destinando quello inferiore al popolo, agli animali ed ai carri;su questo livello egli apre le cantine (che chiama, con termine antico” canove”) dotate di pavimento in pendenza, in modo da favorirne il lavaggio e proteggerle da possibili inondazioni.  quello superiore ai signori della corte, ossia a “li gentili omini” come li definisce lo stesso Leonardo; inoltre il livello sottostante il piano stradale, percorso da canali, al trasporto delle merci con le imbarcazioni.Quindi capisce l’importanza dell’'apertura del sottosuolo ai 
trasporti, per risolvere il problema del traffico di superficie e del conseguente inquinamento dovuto alla massa di rifiuti organici.Immagina poi la città costruita in prossimità di un fiume dal corso veloce, annota il Ticino, per regolare le acque tra fiume e città predispone una rete di canali e di dighe.
E’ una soluzione avveniristica e funzionale, volta a tenere lontano dalla vita quotidiana della gente quel che oggi definiremmo "traffico pesante".
La serie di studi leonardeschi che riguardano chiese e progetti per città sono raccolti nel Manoscritto B e quindi risalgono al periodo in cui Leonardo si trova già nel ducato milanese e precisamente tra il 1486 e il 1494.  
A Milano Leonardo si occupa di ristrutturazione urbana in seguito ad una terribile epidemia di peste che dal 1485 aveva mietuto molte vittime. Nel farlo abbandona l’astratta eleganza di molti suoi colleghi e cerca di dare risposte ai problemi come la pulizia, il traffico, l’illuminazione, la fatiscenza, l’inquinamento. Egli pensa a una città molto lontana dal modello solare degli altri urbanisti, pensa a una città attraversata da canali e su più livelli, dotata cioè di aree sotterranee utilizzabili. Quindi affronta il problema, cercando una soluzione concreta e non tanto estetica.Vivendo in una regione dove l’acqua non manca, Leonardo punta su questo elemento per risolvere vari problemi. La città la vede attraversata da canali sotterranei: non solo fogne in cui scaricare rifiuti, ma navigabili da barche destinate ai rifornimenti.Va da sé che Leonardo inizia il progetto proprio durante il suo periodo milanese, circa il 1486. Va considerato che Milano allora si presentava come città circondata da canali e con un porto molto importante nel quale attraccavano i grandi barconi per il trasporto dei materiali,soprattutto per la costruzione della cattedrale milanese 
A proposito della progettazione di una nuova città, organizzata secondo un sistema di canali, Leonardo annota:“…
è necessario eleggere sito acomodato; come porsi vissino a uno fiume, il quale ti dia i canali che non si possino né per inondazione o secchezza delle acque, dare mutazione alle altezze d’esse acque”.
                                                                                      [ MS.B,f.37] 
E’ necessario inoltre che i canali siano tra loro ben raccordati e in essi l’'acqua di un grande fiume scorra velocemente, per smaltire rapidamente i rifiuti.
“…che corra, a ciò che non corrompessi l’'aria alla città”.
                                                                                    [ MS.B,f.38 r]
E' importante la regolazione delle acque attraverso una fitta rete di canali, affinché si possa creare un sistema idrico, utile alla città ed al territorio circostante.Infatti l’'acqua è un elemento importante per l’'uomo del Rinascimento, sia perché molte macchine, fondamentali per l’'economia del tempo, sfruttano l’energia dell’'acqua, sia per l’'irrigazione di campi, predisposti alla coltivazione grazie alle opere di bonifica delle paludi.
L’'acqua è però anche un possibile pericolo che può creare danni con inondazioni, soprattutto in un territorio attraversato da un fiume, e che perciò l’'uomo deve controllare, affinché possa salvaguardarsi da qualsiasi evento negativo.
Le osservazioni e gli studi che Leonardo fa a proposito dell’'acqua si trovano su molti fogli dei diversi codici, con disegni e annotazioni.
Leonardo torna più volte sul tema del rapporto tra città e canali, riconoscendo all’acqua la funzione determinante nel purificare l’aria e l’ambiente, e sostenendo di pulire dai fanghi il corso dei fiumi, per far defluire più velocemente l’acqua, affinché tutti ne traggano un maggior giovamento:
“Vuolsi torre fiume che corra, aciò’ che non corompessi l’aria della città; e ancora sarà comodità di lavare spesso la città, quando si leverà il sostegno sotto a decta  città e con rastrelli e recisi rimoverà il fango in quelle moltiplicato, che si mischierà co’ l’acqua, facendo quella torbida; e questo si vorè fare ogni anno una volta”
                                                                    [MS.B, f.38r.]  
Molto bella dal punto di vista grafico e profonda è la riflessione che Leonardo fa in questa famosa similitudine tra l’acqua e i capelli, per spiegare il moto vorticoso dell’acqua:
"Nota il moto del vello dell’acqua il quale fa a uso de’ i capelli,che hanno due moti, de i quali l’'uno attende al peso del vello, l’altro al liniamento delle sue volte; così l’'acqua ha le sue volte revertiginose, delle quali una parte attende a l’'impeto del corso principale, l'’altra attende al moto incidente e refresso".”   
L’IMPORTANZA DEL  MANOSCRITTO A.
Inoltre studi di bocche di misurazione per la portata d’acqua, paragonabili a quelle collocate nei canali del percorso didattico nel parco del Mulino, si trovano nel Ms. A, foglio 58 r.
Nel Codice Ashburnham 2038, che è costituito dai fogli del Ms. A, sottratti illegalmente all’originale e venduti sottoforma di piccolo codice leonardesco al Lord inglese dal quale ha preso il nome, ai fogli 114 recto e 114 verso compaiono studi di decorazioni datati 1492, i cui disegni potrebbero anche riferirsi al castello di Vigevano.
Gli studi sono il risultato di un confronto tra quanto scritto e annotato da Leonardo in migliaia di fogli  e ciò che effettivamente esiste o è esistito nella realtà. 
                                           
I Codici
I Codici ed i Manoscritti sono le raccolte, costituite dall’unione di singoli fogli o di taccuini, che Leonardo compila senza interruzione nell’arco della sua vita, già a partire dagli anni giovanili, durante l’apprendistato nella bottega del Verrocchio a Firenze, fino all’anno della sua morte, avvenuta nel castello di Clos-Lucé, ad Amboise.
Codice Arundel
Codice Ashburnham  I, 2037 e II, 2038
Codice Atlantico
Codici Forster   I, II, III
Manoscritti dalla A alla M della Biblioteca dell'Istituto di Francia
Codice Leicester o Hammer
Codici Madrid I, 8937 e II, 8936 
Codice Trivulziano
                                                                                    
Codice sul volo degli uccelli
Raccolta di Windsor 
Trattato di anatomia
Trattato della Pittura - Codice  Vaticano Urbinate 1270
I CODICI LEONARDESCHI UN VERO AFFARE DI STATO
Nei primi anni dell’ottocento, dopo le campagne napoleoniche, l’Italia è divisa in diversi stati.
Il nord Italia possiede due grandi regni il Lombardo-Veneto e il Gran Ducato di Toscana che entrano in scena per il recupero di opere d’arte.
Grazie all’accordo di Vienna, le varie nazioni saccheggiate da Napoleone possono riavere le loro opere d’arte, volumi, stampe, codici antichi, eccetera.
Perciò dall’Italia, che era stata gravemente spogliata, vengono inviati a Parigi due ambasciatori: il Canova, rappresentante del Granducato di Toscana e il Barone di Ottenfels per il governo austriaco.   
La matematica per Leonardo
La scuola d’abaco nel Rinascimento era fondata soprattutto sullo studio della matematica e della geometria ed era basilare per coloro i quali andavano a lavorare a bottega o decidevano di proseguire gli studi
Fin da fanciullo e adolescente, Leonardo riesce a mettere in difficoltà il suo maestro d’abaco con domande e curiosità e, più tardi, ormai studioso egli stesso scrive << Al Pittore è necessaria la matematica, appartenente ad essa pittura>>.
Leonardo può avvalersi anche del fatto che l’Italia, all’epoca, è all’avanguardia rispetto alle altre nazioni negli studi matematici e perciò non mancano gli incontri con gli esperti in questo campo come Leon Battista Alberti e Fra Luca Pacioli.
Leonardo conosce a Milano questo frate di cui diventa molto amico e con il quale discute di matematica e di geometria.
Luca Pacioli incarica Leonardo di disegnare in prospettiva i modelli di diversi poliedri per il libro, intitolato “Divina proportione”  e che a tal proposito ha scritto: <<i disegni sono stati facti dal degnissimo pictore, prospectico, architecto, musico e di tutte virtù dotato, Leonardo da Vinci, fiorentino, nella città di Milano>>. 
E ancora una frase di Pacioli che spiega l’'inclinazione di Leonardo alla matematica:<< i disegni sono del nostro leonardo venci compatriota fiorentino che fece in ditto libro de sua gloriosa mano li corpi matematici qual ancora appresso di noi meravigliosi sono a ognuno che li mirano>>.
Leonardo, sostenendo che la matematica è la sorella della fisica, applica alla fisica i procedimenti matematici e annunciando il metodo sperimentale, scrive: <<la sapienza è figliola della sperienza>> e << la sperienza non falla mai>> .
Leonardo dice:<< non mi legga chi non è matematico nelli mia principii>>.   
Nonostante questo, non possiamo dire che Leonardo fu matematico e fisico in quanto si interessò a tali studi per l’applicazione in diversi campi, senza però proporre dei risultati.Si può dire invece che Leonardo fu uno scienziato, poiché condusse i suoi studi attraverso l’'esperienza sulla quale si base anche la scienza moderna, per arrivare a determinate conoscenze.
Tra la fine del Quattrocento e i primi anni del Cinquecento Leonardo si dedica moltissimo agli studi di geometria e di matematica, come dimostrano le pagine del Codice Madrid II e del Codice Forster, tanto che anche le opere pittoriche come l’'Ultima cena e il cartone con la Sant’Anna la vergine e il bambino risentono moltissimo della precisione e dell’'armonia matematica.
Un grande personaggio Vitruvio affascina Leonardo. Lo studio delle proporzioni del corpo umano, la figura umana inscritta in un quadrato ed in un cerchio sono il risultato del disegno che è diventato un vero e proprio simbolo di scienza e di cultura popolare “L'uomo vitruviano”.
Esercizi di geometria riguardano la trasformazione delle figure da rettilinee a curvilinee e viceversa.
Un esempio è mostrato dal foglio 308 verso del Codice Atlantico nel quale Leonardo vuole trasformare una figura geometrica curva in una composizione di figure più piccole a partire da una iniziale più grande ma della stessa forma.
Il risultato finale è una sorta di bellissimo fiore visibile nel foglio 307 verso dello stesso codice.
Le conoscenze  scientifiche sulle leggi che regolano le acque hanno avuto una prima diffusione con il grande Archimede  che, tra il 200 e il 300 a.C., fece importanti osservazioni sui principi d’idraulica. Questa fase di scoperte rimane pressoché invariata per tutto il periodo romano e il Medioevo. Dai testi letterari di alcuni autori latini, quali Virgilio, si rileva che già gli antichi Romani avevano praticato l’irrigazione ed avevano costruito grandi acquedotti che non erano il risultato di studi e di leggi che regolano il moto delle acque ma bensì di osservazioni  e di tentativi legati all’esperienza.
Anche le opere idrauliche realizzate in Lombardia nel XII secolo, quali il Ticinello, derivato dal fiume Ticino, il canale Muzza, derivato dal fiume Adda e collegato, grazie alla volontà di Galeazzo II Visconti, al Ticinello per l’irrigazione nel Pavese e ai fiumi Olona e Seveso nel Milanese, sono il risultato di una pratica basata sull’esperienza, piuttosto che di uno studio a carattere scientifico.
Cenni storici sull'architettura militare visconteo-sforzesca
Tra il Duecento e il Trecento il castello ha una pianta quadrilatera con torri angolari difensive, spesso anche imponenti, e si compone di più corpi di fabbrica affacciati su un cortile porticato in genere quadrato. Durante la dinastia viscontea la tipologia del castello si articola per diventare non solo fortezza difensiva, ma anche residenza. È il caso del castello di Pavia (1360) e di Milano (1368).  
Fra il Trecento e il Quattrocento si venne a creare in Italia una fitta rete di fortificazioni e di castelli per una migliore organizzazione del territorio a scopo difensivo ed espansionistico. La necessità di collegare le varie fortificazioni per la difesa, per il rifornimento di approvvigionamenti, per il controllo delle vie di comunicazione ha portato alla realizzazione di più scacchieri difensivi sul territorio.
Nell’area lombarda il cui centro era Milano si sviluppò un complesso sistema militare, politico ed economico sotto la direzione dei Visconti prima e degli Sforza poi.
Fin dall’inizio del loro governo i Visconti presero le giuste misure di protezione verso il nord dell’area lombarda, verso la Val d’Ossola e verso l’alto Verbano, costruendo così le fortificazioni di Bellinzona e di Locarno. 
Nonostante la grande opera di fortificazione attuata dai Visconti nei territori del ducato di Milano, che, all’'epoca della morte di Filippo Maria, ultimo della dinastia viscontea, 1447 circa, si estendevano dall’'Adda al Sesia e da Bellinzona all'’Oltrepò, si ebbero numerosi problemi di carattere politico e militare.
I castelli non erano più adatti alle nuove esigenze belliche; essendo i pezzi delle artiglierie molto più sviluppati, le fortificazioni dovevano modificare il loro apparato per meglio sopportare i colpi e predisporre dei camminamenti per accogliere le stesse macchine da guerra.
La grande impronta lasciata dai Visconti sulla tipologia del fortilizio militare fu ripresa e integrata di nuovi apparati difensivi dagli Sforza, nonostante la loro minor competenza in campo militare.
Esemplari sono le opere di ingegneria quali ponti fortificati non solo per collegare le due sponde di un fiume, ma anche due rocche appartenenti allo stesso castello, come nel caso di Vigevano. .
Con l’inizio della dinastia sforzesca, il signore di Milano Francesco Sforza attuò un programma di rinnovamento e di ripristino delle fortificazioni viscontee, chiamando a corte i più illustri architetti e artisti che diedero impulso alla diffusione dello spirito rinascimentale  in tutto il ducato.
Il castello assume l’aspetto di palazzo residenziale, pur mantenendo le caratteristiche di una fortezza, modificata nella parte difensiva, con la costruzione di torrioni bassi e circolari per meglio rafforzare le mura contro i colpi dei proiettili, con l’aggiunta delle grandi muraglia piene e dei rivellini come posto di guardia.
La rocca sforzesca prese il posto del castello che fu arricchito di un nuovo apparato difensivo a sostituzione dei tradizionali corpi di fabbrica. Gli esempi più importanti sono la Rocca di Soncino, di Bellinzona, Galliate e Novara.
Bellinzona era considerato il baluardo difensivo tra i più strategici del ducato sforzesco e a ragion di ciò fu costruita la grande Murata che da Castel Grande scende fino al Ticino, creando uno sbarramento della valle, per far fronte alla minacciosa vicinanza della Svizzera. Su un’altura ad est della Città di Bellinzona fu costruito nel 1479 il Castello di Sasso Corbaro.
Gli interventi militari operati dagli Sforza  furono accompagnati da importanti lavori di abbellimento, soprattutto nei castelli di Vigevano, Milano e Pavia, che come dimore principali del Ducato, furono trasformati in veri e propri palazzi ducali, arricchiti di sontuose sale per accogliere non solo i signori della corte, ma anche ospiti stranieri di alto rango.
In questo grande cantiere, esteso su tutto il territorio controllato dagli Sforza, furono chiamati a lavorare i più prestigiosi progettisti e artisti dell’epoca, come Bartolomeo Gadio, Filippo di Ancona e Giovanni Solari, impegnati nelle realizzazioni milanesi; Danesio Maineri era attivo nei cantieri di Novara, della rocca di Soncino, del castello di Galliate, della rocca di Imola e del castello Montebello di Bellinzona; Maffeo da Como ampliò il castello di Novara e diresse i lavori nel cantiere di Vigevano, nel castello di Milano e a Bellinzona; Benedetto Ferrini, un toscano chiamato a Milano, fu attivo nel castello di Milano e di Vigevano. Inoltre Bramante e Leonardo da Vinci, presenti alla Corte sforzesca e autori di diversi lavori a Milano, Pavia e Vigevano.
Il grande fasto degli abbellimenti architettonici (loggiati, bifore ornatissime)e pittorici (soffitti a graffito, grandi affreschi e facciate decorate) ha preso il sopravvento sull'aspetto militare del castello, durante tutto il governo della dinastia sforzesca.  (fonte Vestigia Auctoritatis )

 Ancora oggi nel castello di Vigevano sono visibili affreschi rinascimentali sui prospetti esterni delle scuderie e della falconiera. E' ancora visibile il colore azzurro di sfondo che originariamente impreziosiva non solo questi edifici ma anche la  Torre e gli edifici della Piazza ducale (salviamo gli affreschi nel castello e nella Piazza ducale , intitolata al benefattore Giorgio Silva!!!!!!)
Negli anni tra il 1482 e il 1499 quando si trovava al servizio di Ludovico Sforza detto il Moro, Leonardo ebbe modo di visitare molti luoghi dell’alta e della bassa Lombardia, facenti parte del Ducato Sforzesco, per progettare opere di carattere idraulico, approfittando dell’occasione per condurre studi in diversi campi e per osservare tutto ciò che colpiva la sua curiosità e il suo interesse. La maggior parte dei progetti militari  è stata probabilmente da lui sviluppata per un suo particolare interesse a seguire i lavori di rinnovamento bellico che era in atto nell’intero ducato.         
Leonardo aveva una grande passione per l’architettura e per l’ingegneria edile e meccanica che applicava anche negli studi bellici per la progettazione di nuove fortificazioni, di potenti macchine da guerra, e di armi da fuoco e di artiglierie.     
Gli studi di architettura militare da lui condotti si ritrovano soprattutto nel Codice Atlantico, nel MS. B, nel Codice 8936 o Madrid II e nel MS. L.
Il MS. L è il taccuino contente il maggior numero di schizzi, planimetrie, rilevazioni, ma non è altrettanto ricco di descrizioni e di testi che spieghino esplicitamente le strutture rappresentate, al contrario del codice Atlantico e degli altri due citati.
  
Nel codice Atlantico 
Gli studi ed i progetti ivi contenuti sono databili in un arco di tempo che va dal 1478, dagli inizi della carriera di Leonardo, fino al 1519, anno della sua morte, avvenuta in Francia.
I temi trattati sono molti e diversi, ma è possibile estrapolare, a questo proposito, gli studi riferiti all’architettura militare, le osservazioni e le indicazioni geografiche nel periodo in cui egli si trova al servizio di Ludovico il Moro Sforza e più tardi al servizio di Cesare Borgia.
Indicativa è la lettera presentata al signore di Milano e di Vigevano, nella quale Leonardo elenca le sue capacità soprattutto nell’arte della guerra e con la quale dà una sicura immagine di sé.
Al foglio 116 recto
Progetto per una difesa perimetrale campale, con doppio fossato, l’esterno più ampio e più basso dell’interno. Le mura esterne sono rivestite di fieno per attutire i colpi d’artiglieria.
Più sopra è raffigurata una sezione di cortina con retrostante piazza d’armi e con condotto sotterraneo e inferiormente una bassa torre circolare.
Braccia 15-Braccia 40- Braccia 6
Mura rivestite di fieno: bagnato e infangato.
Quella percussione sarà di maggior valetudine, la quale è causata sopra più resistente obbietto.
E così de converso quella sarà più debole alla quale s’oppone obbietto di minore resistenza…
Adunque si conclude che non forti muri resistano alle gran percussioni, ma i fieni..teson quelle nelle quali si calma il furore delle ballotte sospinte delle potenti artiglierie.
Al foglio 117 recto
Grande disegno di fortezza pressoché completo per un terreno accidentato in Valsassina. Dal testo a fianco si deducono alcune descrizioni:
…Non sia congiunto alcun muro dalle ghirlande delle fortezze ad esse fortezze.
Sia fatto tanto di massiccio nelle scarpe delli primi procinti de’muri, quanto è la comodità del nemico del fare le cave sotterranee. 
Sia messo li alberi nelli sproni de’ muri, acciò che tali sproni non si separino da le pariete d’essi muri.
Al foglio 120 recto 
Elementi di cortine difensive: i salienti sono sono adagiati  a guisa di speroni sulla scarpata.
Al foglio 120 verso
Progetti di modernizzazione di fortezze con procinti di profilo sfuggente.
Leonardo affronta il tema dell’architettura militare dando alcuni suggerimenti sulla costruzione delle fortezze militari.
Al foglio 133 recto
Rocca costituita da un torrione centrale e tre procinti, più 4 rivellini a mezzaluna.
Conclusione fatta che ogni rivellino, che nol sia tutto in circuito alla fortezza, po essere offeso dentro a di sé.
Tutte le stanze de’ provvisionati sieno tramezzate d’asse.
Il revellino, scudo della fortezza, debbe essere sì difeso da essa fortezza, come la fortezza da lui.
Quella percussione sarà di minor valitudine, la quale fu fatta sopra obbietto  di maggiore obliquità.
Rivellino aperto sempre di dentro.
Sebbene è fia tolto l’acqua al primo circuito, essa acqua non sarà mai tolta al circuito secondo, imperò  che esso primo circuito fia difensore dell’acqua seconda.
Per tante linie per quanto il difensore po offendere il suo offensore, per tante linie esso offensore potrà offendere detto difensore.
Alle fortezze di montagna sia fatto intorno, di fori e di dentro, molti pozzi profondissimi acciò che fochi sotterani  non le buttino sottosopra.
Che ‘l soccorso possa essere messo  per la rocca nella terra sanza che capitino nella fortezza e che si possi  serrare prigioni a posta del castellano.
Disegno della fortezza colla traiettoria dei colpi d’artiglieria. Per dare foco.
Se la ballotta fia tratta per la lunghezza dell’angolo, il quale sia causa della pariete del muro e ‘l piano che la sostiene, allora essa ballotta seguirà il suo moto col continuo contatto di tale angolo. Ma se tale ballotta percote in esso angolo, allora essa andrà con fressuità rettilinea del nascimento dell’una pariete all’altra insin che arà consumato il suo furore.
Ancora se tal pallotta fia tratta a lo ‘ngiù inverso esso angolo, allora il suo moto fia doppiamente fressuoso, de’ quali l’uno è rettilineo e l’altro curvo.
Nel MS. B
I fogli di questo manoscritto sono stati compilati, molto probabilmente, tra il 1485 e il 1490, periodo di grandi innovazioni nel campo dell’artiglieria e dell’architettura militare.
Molti sono gli studi ed i progetti a miglioramento delle fortezze militari e dei sistemi di attacco e di difesa.  
Le tracce di Leonardo a Pavia
La presenza di Leonardo a Pavia è documentata in un atto milanese dell’8 giugno 1490 che attesta l’invito rivolto a due artisti, Leonardo appunto e l’Amadeo, per visionare i lavori e dare suggerimenti alla Fabbrica del Duomo di Pavia, la cui costruzione si è rivelata una delle più complesse di tutta la storia dell’architettura rinascimentale.
Un altro documento che giustifica il soggiorno di Leonardo nella città pavese è la sua registrazione per il pernottamento presso l’osteria del Saracino ed il pagamento ad essa effettuato da parte della Fabbriceria del Duomo, il 21 giugno 1490.
L’IMPORTANZA DEL MANOSCRITTO B
L'’interesse di Leonardo per l’architettura ed in particolar modo per le chiese pavesi si esplica nel disegno della pianta della chiesa, detta <<sancta Maria in Pertica di Pavia>>, che si trova nel MS. B, f.55 r.
Il disegno è prezioso in quanto è la testimonianza architettonica della chiesa che fu demolita nel 1815. Infatti da esso risulta che  la pianta era circolare, da cui il nome con cui viene anche ricordata, S. Maria Rotonda, una fabbrica rotonda, sostenuta da otto colonne (in realtà pare fossero solo sei).
Leonardo segna accuratamente nel suo disegno la disposizione delle celle, delle colonne e delle navate e forse la preferenza per questa chiesa è dovuta alle forme architettoniche circolari, secondo i canoni classici.
CASTELLO DI PAVIA
Durante il soggiorno a Pavia nel 1490, Leonardo rivolge la sua attenzione anche al castello che era la dimora di Gian Galeazzo Sforza e Isabella d’Aragona.
In questo castello su incarico di Ludovico il Moro, Leonardo conduce alcuni lavori di ingegneria e forse anche di pitture.
Il castello all’epoca, come scrive il Breventano nella “Storia delle antichità nobiltà, et delle cose notabili della città di Pavia”, <<era una delle belle fabbriche che a quei tempi si potesse vedere>>…<<aveva questo palagio quattro torrioni, ma ora non ce ne sono se non duoi nella facciata verso la città, che quelli duoi che rimiravano verso il parco furono gittati a terra da Lotreco Guascone con l’artiglieria.(Lo storico si riferisce alla battaglia del 4 settembre 1527?) >>. 
…I 264 merli che coronavano tutto intorno il castello, le ampie finestre bifore, i tre ponti levatoi, per i quali, per i quali si accedeva ad esso dalla parte della cittadella, del parco e della città, il colore rossiccio dei mattoni, la loro perfetta collocazione, tutto lo rendeva uno dei più prestigiosi.
Galeazzo II Visconti aveva fatto costruire nei pressi del castello un bellissimo giardino di forma quadrata, circondato da mura con fosse e ponti levatoi per accedere da diverse porte che immettevano nella città.
Oltre al castello ed al giardino vi era anche un parco, la cui realizzazione fu unica per quei tempi. Anch’esso circondato da mura, aveva nove ingressi, muniti di ponti levatoi. La natura del terreno, i boschi, i prati, peschiere, le acque della Vernavola e della Carona, che lo bagnavano, permettevano di praticare qualsiasi coltivazione e di ospitare animali di ogni specie in particolari steccati.
(da Edmondo Solmi “Leonardo da Vinci e Pavia”).
Lo storico Breventano scrive ancora nella sua Istoria delle antichità che << nel mezzo di questo raro giardino era un gran peschiera …Lontano da questa da quaranta passi, d’intorno era un altro bel quadro di diciotto passi per ogni lato già tutto salicato di bianco marmo, dentro a cui per quattro gradi si scendeva pur dello stesso marmo, il quale si chiamava il bagno, dove, nel tempo del gran caldo, venivano a lavarsi i Duchi et le Duchesse. Questo riceveva acqua da quella gran peschiera, et era tutto chiuso con tavole di larice, a guisa di padiglione era coperto …>>.
Nel MS. B con alcuni riferimenti al Codice Atlantico Leonardo ci fornisce annotazioni e disegni probabilmente riferibili a questo giardino.
Vi è una pianta di un elegante edificio attorno al quale, scrive Leonardo scorreva dell’acqua, e lo spazio mediano doveva avere la misura di braccia 20.
Otto salottini esagonali armonicamente distribuiti erano forse le stanze
Fondamento del padiglione ch’è nel mezzo del laberinto del Duca di Milano  
                                                                               [ MS. B, f. 12 r. ] 
Accanto al fondamento suddetto, Leonardo disegna lo spaccato di un edificio con ingresso semicircolare e con una cupola sulla quale sorge una lanterna.  
Padiglione del zardino della Duchessa di Milano
                                                                               [ MS. B, f. 12 r.]
                                                                                                                          In questo caso il Duca e la Duchessa di Milano sono Gian Galeazzo Sforza e Isabella d’Aragona. 
 A C  Dello bagno della duchessa Isabella
a molla fatto per le stufe overo bagnjo della duchessa Isabella
A “è posto perché il maschio della vite non si volti insieme colla sua femmina
                                                               [Cod. Atlantico, f. 104 r. b ]    
Una chiave ingegnosa dava al bagno l’acqua calda e l’acqua fredda
sciavatura del Bagnio della duchessa
                                                                          [ MS. I, f. 28 ]
Bagno - per isscaldare l’acqua della stufa della Duchessa, torrai 3 parti di acqua calda sopra 4 parti d’acqua fredda. 
                                                                                       [ MS. I, f 34 r. ]
( Leonardo fa’ un simile elegante padiglione anche in Vigevano ).
I lavori di Leonardo nel castello, nel giardino e nel parco di Pavia sono giustificati da altre annotazioni.
Il terreno che ssi cava delle canove, si dete allevare da canto tanto in alto che faccia un orto che ssia alto quanta in sala; ma fa’ che ttra ’l terreno dell’orto e ‘l muro della casa sia uno intervallo, acciò che l’umido non guasti i muri maestri.
                                                                  [ MS. B, f. 19 v. ]
In questo strumento si move la femina- in questa forza si move il maschio- da fare montare acqua- questo fa appunto l’ofizio dello sciugatoio- camino che sempre arà le legnie sanza attizzare. Qui su li orli del camino, donde si mette la legnie debbe essere uno braccio di cieniere stacciata e poi porre di sopra una pietra piana acciò non ispiri di sopra…
                                                                               [ MS. B, f. 20 r. ] 
modi di vari lumi per varie forme di finestre alle canove, la più disutile è la finestra a e la più fredda; la più utile e la più luminosa e la più calda e che vede più cielo è la finestra c; e di mezzana utilità>> 
ANNOTAZIONI
Il terreno che ssi cava delle canove, si dete allevare da canto tanto in alto che faccia un orto che ssia alto quanta in sala; ma fa’ che ttra ’l terreno dell’orto e ‘l muro della casa sia uno intervallo, acciò che l’umido non guasti i muri maestri.
                                                                                       [ MS. B, f. 19 v. ]
<< Camino – camino-, Il destro si vole voltare come tornio di monache, e con contrappeso tornare al suo primo loco, e ‘l cielo di sopra sia pieno di busi acciò possa spirare. Destro che spira per lo tecto>> << livello da barbacani-livello da porre linie perpendicolare- stivali da acqua- i pali si mettono insino a mezzo muro di socto- il vano delli archetti sarà braccia quattro>>.
 
                                                                                     [ MS. B, f. 53 r. ]
I camini del castello di Pavia (a destra)
E la pianta del “lupanario” ( a sinistra)
Camini del castello di Pavia a’nno 6 gradi di base e dall’uno all’altro uno bracio
                                                                                 Lupanario 
                                                                                 [ MS. B, f. 58 r. ] 
Fa vedere Vitolone, ch’è nella libreria di Pavia, che tratta delle matematiche
                                                                  [Cod. Atlantico, f.225r.]               
Padiglione del zardino della Duchessa di Milano
Fondamento del padiglione ch’è nel mezo del laberinto del Duca di Milano  
                                                                        [ MS. B, f. 12 r.]
A C Dello bagno della duchessa Isabella
a molla fatto per le stufe overo bagnjo della duchessa Isabella
A “è posto perché il maschio della vite non si volti insieme colla sua femmina
                                                                [Cod. Atlantico, f.104 r. b ]    
sciavatura del Bagnio della duchessa
                                                               [ MS. I, f. 28 ]
Bagno - per isscaldare l’acqua della stufa della Duchessa, torrai 3 parti di acqua calda sopra 4 parti d’acqua fredda. 
                                                                                        [ MS. I, f 34 r. ]
Dagli schizzi risulta un edificio a pianta centrale contornato da un fossato con acqua.
Il padiglione poligonale di 16 lati, è composto di un vano centrale, con acqua, e da un anello di 8 piccoli camerini (anch'’essi ottagonali) alternati da piccoli vani triangolari.
Lo spaccato ci presenta il vano centrale o vasca, circondato da parapetto, suddiviso dalle colonnine che sorreggono l’architrave; sopra questo corre tutt’in giro una loggetta con due arcatelle in corrispondenza di ogni arcata; sopra la loggetta si innalza la cupola conclusa alla sommità dal lucernario, divisa in spicchi da costoloni; all’'inizio di ogni spicchio vi è un elemento triangolare con occhio: motivo che ritroviamo simile anche nelle sagrestie del modello del Duomo di Pavia.
RIFERIMENTI
Di quel di Pavia si lalda più il movimento che nessun altra cosa. L’imitazione delle cose antiche è più laldabile che le moderne.
Non po’ essere bellezza e utilità, come appare nelle fortezze e nelli omini.
Il trotto è quasi di qualità di cavallo libero.
Dove manca la vivacità naturale bisogna farne una accidentale.
                                                                                                              [Cod.Atl. f, 147 r.B.] 
Di poi che il mare si discostò dalli predetti monti, la salsedine lasciata del mare, con altro omore della terra, à fatto una col legazione a essa ghiara e rena che la ghiara in sasso, e la rena in tufo s’è convertita. E di questo si vede l’esempio in Adda, al uscire de monti di Como, e in Tesino, Adice, Oglio.
                                                                          [Cod. Hammer, 31 v.]  
Nessun canale che esca fori dà fiumi sarà durabile se l’acqua del fiume, donde nasce, non è integralmente rinchiuso, come il canale di Martigiana, e quel che escie di Tesino.
                                                                           [Cod. Hammer, 18 r.]
Perchè il moto fatto dal crivello raduna di sopra in disparte tutte le più leggiere parti e simile fa la navetta dove si pesca il oro in Tesino mediante il colpo e anchora la spazzatura degli orefici che si lava.
                                                                               [ MS. H, f. 52 v.]    
Tutta l’acqua a b è quella che entra nel navilio  avendo l’uscita per li bocchelli posti nel fondo e tutta l’acqua a c è quella che entra nel navilio avendo li bocchelli vicini a la superficie dell’acqua e l’acqua c b non avendo uscita non si move di quantità e non si movendo non ve ne entrerà altre quantità, ma se ne anderà per Ticino
                                                                
                                                                         [ MS. H, f. K109 r.]                                                            
Descrive li monti dei fressibili aridi cioè della creatione delle onde dell’arena portata dal vento e da sua monti e colli come accade nella Libia. L’esempro ne vedrai sulli gran renai di Po e di Tesino od altri gran fiumi.
                                                                                  [ MS. F, f. 61 r. ]
“il ligiio (il giglio) si pose sopra la riva di Tesino e la corrente tirò la ripa insieme col lilio”
                                                                                       [ MS. H, f. 44 r.]
Conche del naviglio
M
La faccia A M darà lume alle stanze 
a sarà braci 6, a b fia braci 8, b c fia braci 30, acciò che lle stanze socto i portici siano luminose;
c d f fia il loco donde si vada a sscaricare le navi ine le case. A volere che queste cose abbi effecto, bisognia, acciò che lla’ nondazione de’ fiumi non mandassi l’acqua alle canove, è incessario eleggere sito acomodato; come porsi vissino a uno fiume; il quale ti dia i canali che non si possino né per inondazione o secchezza delle acque, dare mutazione alle altezze d’esse acque; el modo è qui di soto figurato, e ffaci elezione di bè fiumi che nonn intorbidino per piogge, come Tesino, Adda e molt’altri.
Il modo che ll’acque sempre stiano a un’altezza, sarà una conca, com’è qui di socto, la quale dentro, aciò ch’è nimici non la disfaciessino
                   
Quando serri la porta M l’acqua empie la conca e lle navi basse s’alzano e ttornano allo universale piano della città
                   conce 
Voliano essere al sopradecto sfizio, essere 3 conche al pari aciò che con più prestezza e quando l’acqua esscie dal fiume alla città, abi su lo primo termine e non più; acciò che l’accresimento per le piene non llagasi la città.
                                                                              [MS. B, f. 37 v. ]     
Tesino   
Canale magiore aciò si possi a un bisognio mandare tutto il fiume per questo, cioè quando è tropo grosso, e serrare l’altra entrata e questo non resterà in nessuno altro canale.
Modo de’ canali per le (città)
Vuolsi torre fiume che cora, aciò che non corrompessi l’aria alla città, quando si leverà il sostegnio sotto a decta città e con rastelli e recisi rimoverà il fango in quelli moltiplicato, che ssi mischierà co l’acqua facendo quella torbida; e questo si vorà fare ogni anno una volta
Sia il piano delle canove più alto che lla superficie dell’acque de’ canali, braci 3 e pendino inverso i canali, aciò se qualche inondazione venissi, che l’acqua si parta insieme co l’altra, e llassi le canove necte.
                                                                                      [MS. B, f. 38 r. ] 
Un riparo e una conca e uno navilio e uno molino alla lombarda
                                                                       [Cod. Atlantico, f. 225r.]
LE MURA DI PAVIA NEL TICINO
Questi pali deono essere grossi dal terzo al mezo bracio e lunghi circa 2 braci e ½; e deono essere di quercia o ontano, cioè vizio, e sopratucto sieno verdi.
O’ visto rifondare alcun pezo delle mure vecchie di Pavia fondate nelle rive del Tesino: i pali che li erano vechi, quelli e ffurono di quercia, erano neri come carbone, quelli che furono d’ontano avevano un rosso come verzino, erano assai ponderosi e duri come ferro e sanza alcuna macula.
E quando voi ficare detti pali, fa il principio di sua buca col palo di ferro.
Grossa ½ braccio o circa, lunga braci 2 con 4 manipoli; e ssia di querce e fferrata di cierchi di fero nelle teste
Quando tu hai palificato, poni ben mente se lì, infra detti pali fussi surgimenti d’acqua, e poni di sopra una doccia, come apare in M, e poi gitta la calcina fresca, tanto che ttu raguagli le teste de’ pali che rimangon fori un terzo di bracio; po’ mura di sopra con quadrelli grandi e quadri poco comuni
Questo muro per fare resistenzia  alle rive de’ fiumi vuole essere grosso braci 4, e così ogni 4 braci vuole uno sprone di braci 4, e insino in 5, che ssi partino da decto muro e vadino infra ‘l terreno de li argini, e ssieno grossi braci 2; è l’muro sia fatto a scarpa, cioè che ogni 2 braci abi una oncia di ogietto di scarpa.
                                                                  [ MS. B, f. 66 r.]   
Pianta e spaccato del “bagno della duchessa Isabella”
                                                                 [ MS. B, f.12 r. ]
GIOCHI A PAVIA
Fanemollo è nato dal lione di Galeazzo duca
                                               [ Cod. Atlantico, f. 177v. b ]   
Vidi fare al lione del Duca Galeazzo in piazza di castello
feste di fontanili
                                                       [ Cod. Atlantico, f.389 r. b ]   
IL “MOLINO PAVESE”           
Molin Pavese
12 pale lunghe braccia 2 e larghe 1/3
Cade l’acqua braccia 3, e le figurate docie sono in nella maggiore larghezza braccia ½ e ne lo stretto larghe braccia ½ o più, e nello alto lemsono sponde 2/3 di braccio.
                                                               [Cod. Atlantico, f. 24v. b ] 
   
Schizzo raffigurante  un quadrilatero con una diagonale curvilinea e le seguenti indicazioni: “Milano-Binasco. Lodi-Pavia”.
                                                             [ Cod. Atlantico, f. 224v. b] 
Schizzo con la dicitura “fassi le pavesate per passare il furore del saettume”
                                                                                [ MS. B, f. 61 r.]
L'IMPORTANZA DEL CODICE ASHBURNAN O MANOSCRITTO 2037
Dai fogli di Leonardo si può ricostruire quella parte dell’antica città di Pavia di cui non rimangono oggi nemmeno le rovine.
Il disegno che Leonardo traccia nel Cod Ash.,f. 5 e l’idea di trasformare un teatro antico in un auditorium originale si riferiscono alle rovine dell’anfiteatro ticinese.
Probabilmente Leonardo a Pavia ha visto l’anfiteatro, eretto per volere del re Teodorico affinchè fosse luogo di ritrovo per i cittadini che partecipavano alla caccia e all’uccisione delle fiere. Questo anfiteatro era annesso al palazzo ed ai giardini reali e nel 528 il re Atalarico fece costruire nell’anfiteatro i sedili per gli spettatori, tant’è che una lapide, che si conserva tutt’ora, riporta la scritta: “Dominus noster Athalaricus Rex has Sedes Spectaculi Anno Regni sui Tertio fieri Feliciter Precipit”. Ora non resta più nulla di quelle rovine. (da Edmondo Solmi “Leonardo da Vinci e Pavia”).
Leonardo traccia il disegno di quell’ordine di sedili e di quell’anfiteatro di cui aveva ipotizzato la possibilità di trasformarlo in un loco dove si predica,un teatro per udire messa
                                                                            [ MS. B, f.52 r.,55 r. ]
Probabilmente Leonardo elabora diversi progetti, in quanto era desiderio di Ludovico il Moro di attuare un piano di rifacimento urbanistico delle città sforzesche, quali Milano, Pavia, Vigevano.
Purtroppo Ludovico il Moro troppo presto fu costretto a lasciare il proprio ducato, non potendo dar vita a tutto quanto e Leonardo annota nel Manoscritto L nel verso della copertina che il Duca ha perso lo stato e la roba e la libertà, e niuna opera si finì per lui
                                                     [MS. L, verso della copertina ]                 
L’arrivo di Carlo VIII a Vigevano e poi a Pavia suscita un grande fervore ed entusiasmo nel predisporre le strutture delle rispettive città per accoglierlo. Leonardo stesso oltre ad essere presente a Pavia per l’entrata solenne del re, è stato coinvolto anche in lavori nella bellissima villa della Sforzesca
È probabile che Leonardo sia ritornato in Pavia nel 1495, quando Massimiliano imperatore il 6 aprile riconosce con tanto di diploma Ludovico il Moro quale duca di Milano e di conte di Pavia.
Leonardo passa di nuovo per Pavia  nel 1497 durante il viaggio per Genova e nel 1506 vi ritorna in occasione della ricostruzione delle fortezze ad opera dei francesi per ordine di Carlo d’Amboise, signore di Chaumont e protettore del Vinci.
Il Vasari inoltre ci fornisce la notizia che Leonardo visitò Pavia tra il 1509 e il 1511, affermando che il grande genio ebbe un contatto con Marc’Antonio Dalla Torre che, giunto nell’Università di Pavia da Padova, fu aiutato da Leonardo nei suoi studi anatomici.
È probabile che in una di queste visite Leonardo rappresentò sui suoi fogli la statua equestre del Regisole, modello di studio per il monumento a Francesco Sforza. 
Questa statua equestre era sul finire del secolo XV nel mezzo della piazza del Duomo sopra una base di sasso e mattone.
Essa era rivolta a settentrione, un poco maggiore del naturale sì l’uomo che il cavallo; l’uomo era vestito alla romana con clamide e corazza, la destra in alto, come chi impone la Pace, il cavallo aveva il piede sinistro davanti sorretto da un cane ritto sulle zampe posteriori e pure di bronzo.
La statua equestre del Regisole rappresentava forse Marc’Aurelio, ed era somigliantissima a quella che si trova in Campidoglio, …
(da Edmondo Solmi “Leonardo da Vinci e Pavia”).
Osservazioni sul Regisole nel codice Atlantico:
<<Di quel di Pavia si lalda più il movimento che nessun altra cosa. L’imitazione delle cose è più laldabile che le moderne. Non po essere bellezza e utilità? Come appare nelle fortezze e nelli omini.Il trotto è quasi di qualità di cavallo libero. Dove manca la vivacità naturale bisogna farne una accidentale.>>
                                            [ Cod. Atlantico,f.147 r. ]                                                                                                                    
Leonardo stava studiando diversi modelli di cavalli per realizzare la statua equestre di Francesco Sforza, probabilmente osservando le belle varietà di cavalli di Gian Galeazzo Sforza.
Nel giardino e nel parco di Pavia vi erano altri animali, quali struzzi ed orsi, leoni rinchiusi in gabbie, che a volte venivano mostrati al pubblico durante spettacoli, come rammenta Leonardo nel codice Atlantico di aver assistito in Piazza Castello ad uno di essi e di cui lascia un’'annotazione accompagnata da un disegno:
Questo vidi fare al leone in piazza di Castello con un vincolo ed una saetta
Probabilmente Leonardo ha notato il sistema fortissimo ed ingegnoso con cui il leone è stato legato con una grossa fune ed un'’asta.
Ed ancora annota:
Vidi fare al leone del duca Galeazzo in piazza di castello 
ed in occasione della nascita di un leoncino:
Fanemollo è nato dal leone di Galeazzo duca    
Dalle annotazioni di Leonardo si può risalire anche all’'esistenza di antiche chiese della città e che ora non esistono più come quella di Santa Maria Segreta che si trovava nella Piazza del Brolio.
Leonardo vide questa chiesa ed aveva annotato nei suoi appunti:
vedi la lectera a Sancta Maria Secreta 
                            [ Carte del British Museum in Richter, II p.194 ]     
Le relazioni dell’'artista fiorentino con gli uomini più illustri della città di Pavia sono da Leonardo annotate nei suoi manoscritti.
Oltre ai rapporti con Gian Galeazzo Sforza, Isabella D’Aragona e Ludovico il Moro, Leonardo fu in relazione con Galeazzo da Sanseverino, con Guido Torello, con Biagino Crivelli, con Simone Arrigoni, con Marchesino Stanga, con Gualtiero de’ Bottapetri, con Gualtiero di Bescapè.
Ed ancora in relazione amichevole con tutti gli artisti pavesi del tempo, dal grande scultore Giovanni Antonio Amadeo fino al pittore Agostino da Vaprio, che gli dona una pelle turchesca per fare degli stivaletti 
                                                                                 [ MS. C, f. 10 r.]
e poi con l’intagliatore e costruttore di strumenti musicali, Lorenzo Gusnasco che scriveva ad Isabella di Mantova:<<è a Venezia Leonardo Vinci, il quale m’ha mostrato uno retracto de la Signoria Vostra, che è molto naturale a quella, sta tanto bene facto non è possibile>>
                              ( da Baschet, Aldo Manunzio,Venezia, 1867 )  
Leonardo annotava tutto nel suo taccuino tascabile e come egli scrisse:
il quale tu devi sempre portar con teco, e sia di carte tinte, acciò non l’abbi a scancellare, ma mutare di vecchio in nuovo, chè queste non sono cose da essere scancellate, anzi con grande diligenza riserbate, perché gli è tante le infinite forme e atti delle cose che la memoria non è capace a ritenerle, onde questi ti riserberai come tuoi autori e maestri. 
                                                               [ Trattato della Pittura ]
Leonardo si avvicinò a Fazio Cardano per chiedergli un libro e ci lascia l’annotazione
Il libro di Giovanni Taverna, che ha messer Fazio
E poco più oltre
Le proporzioni d'Alchino con le considerazioni del Marliano da messer Fazio 
                                                                [Cod. Atlantico, f. 222 r. ]
Fatti mostrare da messer Fazio di Proporzione 
Un sonetto del Bellincioni ci fa assistere ad una amichevole conversazione del poeta con Leonardo da Vinci e Giorgio Merula intorno ad una gemma lavorata dal Caradosso 
La misura del tempo 
Leonardo considera lo scorrere inesorabile del tempo e l’eterno fluire dell’acqua due procedimenti che vanno di pari passo, tanto che, con la sensibilità di un poeta e la logica di un acuto osservatore, esprime la definizione del presente attraverso una metafora:
L’acqua che tocchi de’ fiumi è l’ultima di quella che andò e la prima di quella che viene; così il tempo presente  
                                                                      [ Cod. Trivulz.,f. 35 v.]                     
nella quale il presente è definito dall’'istante in cui l'’acqua che scorre viene toccata, scandendo così l’'ultima che è appena passata da quella che sta per arrivare.
Leonardo paragona il passare del tempo al percorso dell’'esistenza umana ed è secondo lui misurabile attraverso la somma di più istanti; così scrive nel codice Arundel :
l'istante non ha tempo; il tempo si fa col moto dello istante, e l’'instanti son termine del tempo
                                                                                                                        
                                                                       [Cod. Ar., f. 176 r]
mentre nella raccolta di Windsor scrive:
"“l'’infiniti secoli, che nello infinito tempo si contengano”"
con la quale esprime il desiderio di voler contenere e misurare la vastità e l’'eternità del tempo.
L'’ispirazione per le sue riflessioni sull’'eterno fluire del tempo viene dalle metamorfosi di Ovidio.
Lo studio del tempo, la ricerca delle leggi che lo governano e la realizzazione di strumenti per misurarlo hanno coinvolto e affascinato diversi studiosi e gli artisti-scienziati non solo del Quattrocento come Leon Battista Alberti, Leonardo, ma anche del periodo classico come l’'architetto romano Vitruvio.
Leonardo si distingue dagli altri in quanto il suo interesse per il tempo si esplica non solo in meccanica, ma anche in anatomia e in arte.
Leonardo da Vinci è un personaggio poliedrico: ingegnere, inventore, matematico, pittore, architetto… che merita di essere conosciuto anche da coloro che non fanno parte della ristretta cerchia di esperti. 
Questa mente geniale, infatti, ci ha lasciato un’eccezionale eredità di progetti, di opere e di studi che dovrebbe essere condivisa da tutti, in particolare dai giovani.  
[Codice di Madrid 1, f. 85 r,studio di molle]
Dalla raccolta di molte favole di Leonardo si trae sempre una morale che è un insegnamento di vita.
Ricordiamo quella intitolata “La Carta e l’'Inchiostro” che si trova nel Codice Forster III, foglio 27, recto e che racchiude il valore più alto del pensiero di Leonardo. Trascrizione di Bruno Nardini.
<<Un foglio di carta, che stava sopra una scrivania insieme con altri fogli uguali a lui, si trovò, un bel giorno, tutto pieno di segni. Una penna, intinta nel nerissimo inchiostro, aveva tracciato su di lui molti disegni e parole. “Non potevi risparmiarmi questa umiliazione?- disse risentito il foglio di carta all’'inchiostro.-Tu mi hai sporcato col tuo nero d'’inferno, mi hai rovinato per sempre!” “Aspetta- gli rispose l’'inchiostro,- io non ti ho sporcato, ma ti ho rivestito di simboli. Ora tu non sei più un foglio di carta, ma sei un messaggio. Tu custodisci il pensiero dell’'uomo, sei diventato uno strumento prezioso.” Infatti, di lì a poco, rimettendo ordine sulla scrivania, qualcuno vide quei fogli sparsi e li radunò per buttarli nel fuoco. Ma, all’'improvviso, si accorse del foglio insudiciato dall'’inchiostro: e perciò buttò via gli altri e rimise al suo posto quello che portava, ben visibile, il messaggio dell’'intelligenza.>>    
                                                                    
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